“Che lavoro fai?” Ognuno di noi se lo è sentito chiedere, è del tutto normale quando si entra in confidenza con qualcuno o si vuole conoscere l’altro. A questa domanda spesso mi risulta difficile rispondere su due piedi, perché la risposta richiede un minimo di contorno e di spiegazione. Di primo acchito rispondo “lavoro con i cani, sono un istruttore cinofilo”, “sei un addestratore” mi rispondono, accompagnando con un “che bello” e spesso con un “ma lo fai di lavoro?”(…)
Ad oggi la professione di educatore cinofilo, istruttore, addestratore etc (non esiste una vera e propria definizione) non viene considerata come un vero e proprio lavoro, ma un’attività surrogata ad un altro impiego, una sorta di hobby di chi ha passione per il lavoro con cani e nell’immaginario collettivo chi lavora con i cani li deve addestrare, educare, fare in modo che il cane si comporti bene sempre e comunque. Ebbene, io non sono un addestratore o come viene chiamato di questi tempi un “dog trainer”. Non aggiusto i cani o il loro comportamento e non ho l’obiettivo che i cani si comportino bene. C’è una sottile ed enorme differenza tra il comportarsi bene e lo stare bene.
“Il mio lavoro consiste nel fornire al cane e al proprietario gli strumenti e le competenze per poter affrontare con serenità le situazioni che si possono vivere nel quotidiano, rispettandone l’indole, la personalità e le caratteristiche individuali”.
“Avere un cane è una faccenda estremamente personale e iniziare un percorso con il sottoscritto, implica che il sottoscritto, appunto, entri nella sfera privata e personale del proprietario. È un percorso intimo e difficile da affrontare, un lavoro arduo sotto tutti i punti di vista, significa entrare nelle vite delle persone”.
Ognuno di noi nasce per assecondare ciò che la propria anima chiede, una vera e propria missione alla quale dobbiamo fare fede. Assecondare i nostri bisogni e il nostro progetto divino ci mette nella condizione di sentirci appagati, di stare bene nella pienezza di chi siamo e di quello che facciamo. La mia missione è l’aiuto alle persone attraverso l’animale e più faccio questo lavoro, più mi rendo conto che questa è la mia strada.
Vedo cane e proprietario entrare in campo e inizio a formulare delle ipotesi. La prima visione è generale, di entrambi. Cerco di osservare il livello di sincronizzazione e sintonia, la premura di uno e dell’altro, le emozioni che li pervadono, le competenze e spesso mi affido a quello che sento (nella mia visione che io chiamo “strampalata” esiste anche questa fonte da cui fare affidamento), poi mi concentro sui dettagli, sui comportamenti che il cane esibisce, sulle espressioni del volto del proprietario, la respirazione, lo sguardo e osservo, e di nuovo, continuo ad osservare. Dall’osservazione nasce la prima visione d’insieme degli individui con cui dovrò interagire. Dall’osservazione, si passa all’analisi per poi entrare in contatto. Ah quanto amo il mio lavoro. Soprattutto in questa parte, entrare in contatto con l’animale e la persona. È creare un collegamento, è entrare in punta di piedi senza fare troppo rumore, è trovarsi di fronte un muro e provare a scalfirlo, capita anche ti ricevere la porta in faccia, ma fa parte del lavoro, di quella parte che richiede apertura, intimità, accoglienza, motivazione nel crescere ed umiltà nell’accettare se’ e il proprio cane.
Nelle classi di comunicazione e socializzazione “ci sguazzo bene” perché in questa attività emergono tutti questi fattori sociali ed emotivi che riguardano il quotidiano tra cane e proprietario, che riguardano l’intimità e la relazione.
Questo è il mio lavoro, la mia missione, quello per cui sono fatto.
Ora pensate ancora che sono addestratore?
Federico Bettoni
29.6.2017
grazie a Viola Guerrieri e Luca Finazzo per le bellissime foto.